Vladimir Derevianko

Tra gli anni’80 e i primi’90 i miti maschili della danza classica erano due: Vladimir Vasiliev e Vladimir Derevianko. Il primo più giovane di 2 anni del grande Nureyev aveva preso il posto di questi che stanco e malato aveva smesso di danzare dedicandosi maggiormente alla coreografia. Derevianko, molto più giovane dell’amico Vasiliev, era agli albori e si era fatto amare immediatamente per il suo modo di danzare il classico assolutamente innovativo e differente dai suoi predecessori che lo aveva fatto notare da subito nel mondo del balletto internazionale. Leggendaria la sua interpretazione dMercuzio;nel “Romeo e Giulietta” di Grigorovitch che ad oggi rimane ancora ineguagliabile. Io naturalmente ero una sua accanita fan e quando quattro anni fa sono stata invitata ad una manifestazione in cui lui era ospite premiato ero molto emozionala all’idea di incontrarlo. Purtroppo il giorno prima avevo avuto un grave lutto in famiglia pertanto sono arrivata leggermente in ritardo sul luogo dell’incontro e quando sono entrata di corsa nell’hotel che ospitava i vari artisti, lui era già lì con gli altri, seduto su un divano con le gambe accavallate. Sono rimasta subito rapita dalla sua personalità discreta ed elegante e dopo che siamo stati presentati ho aspettato occasione migliore per conoscerlo meglio. L’occasione non è mancata perché prima della manifestazione serale si era tutti a cena riuniti attorno ad un tavolo tondo. Destino volle che io e Derevianko fossimo seduti piuttosto vicini, tra di noi solo l’amico comune Marco Pierin, altra etoile della danza. Marco e Vladimir si conoscevano da 30 anni e felici di ritrovarsi cominciarono a tirare fuori ricordi del passato che li vedevano insieme al Teatro Bolshoi di Mosca, quando ragazzi scappavano la notte dal convitto che li ospitava per andare a divertirsi lontano dagli occhi vigili dei loro insegnanti. I due ballerini parlavano per lo più in francese ed io seguivo a mala pena i loro discorsi. Derevianko si accorse subito del mio disagio e per mettermi invece a mio agio si girò verso di me con cortesia portando il discorso sul buon vino che ci era stato servito. Evidentemente non gli era sfuggito il fatto che io apprezzassi molto quel bianco che ci era stato versato perché doveva aver notato che ero già al secondo bicchiere solo dopo l’antipasto.
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